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PANDEMIA COVID19, BISOGNA AGIRE

La pandemia è l’ennesimo campanello d’allarme. È il momento di agire.
La distruzione della natura mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza.
Il 75% dei virus come il covid 19 sono di origine animale.
La tutela dell’ecosistema e della biodiversità è vitale per prevenire nuove epidemie.
Non possiamo mantenere gli attuali modelli di “sviluppo”. Dobbiamo lavorare in armonia con la natura, prevenire il cambio climatico e la perdita della biodiversità.
Se falliamo fallisce l’umanità, 

Per saperne di più guarda il  link al video di UNEP

FERMIAMOCI, E’ IL MOMENTO DI RIFLETTERE SUL NOSTRO STILE DI VITA E MODELLO DI “SVILUPPO”

“All’inizio pensai che stavo combattendo per salvare gli alberi della gomma, poi ho pensato che stavo combattendo per salvare la foresta pluviale dell’Amazzonia. Ora capisco che sto lottando per l’umanità…”
(Chico Mendes)

Ci troviamo nel mezzo di una grave crisi sanitaria che ci lascia sgomenti e che conferma come il nostro modello di sviluppo sia fragile e squilibrato, rendendoci tutti improvvisamente vulnerabili al verificarsi di crisi globali.

Alisei da più di 30 anni opera per promuovere uno sviluppo sostenibile ed equo, lavorando in contesti di precarietà ed emergenza, a fianco delle persone più fragili e a rischio.

L’aumento delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, la crescita demografica incontrollata nelle aree più povere del pianeta, dove l’assenza di istruzione e la violazione dei diritti delle donne rappresentano la norma, producono effetti devastanti e incontrollabili.
Le risorse ambientali sono in esaurimento. Il Nord del mondo a maggio avrà già consumato le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare in un anno (“overshoot day”), provocando gravi effetti sul cambio climatico a scapito innanzitutto dei paesi più poveri.

La nostra Europa, nata sulle macerie della seconda guerra mondiale per prevenire il ripetersi degli orrori della guerra, è afflitta dagli egoismi nazionali, e non ha saputo, negli ultimi venti anni, mettere al centro del proprio operato la solidarietà e la tutela dei diritti.

In questi giorni, in cui siamo chiamati a ridurre la frenesia della nostra routine quotidiana, l’invito è quello di fermarsi a riflettere, a comprendere come sia indispensabile cambiare profondamente i nostri stili di vita e i nostri modelli di sviluppo, ripartendo dalla solidarietà, dalla tutela dell’ambiente e dal valore dei beni pubblici.

Di seguito alcuni testi sullo sviluppo sostenibile che tutti dovremmo leggere e rileggere:
Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo del 1992 dell’ONU
Rapporto su popolazione e sviluppo – Conferenza internazionale del Cairo, 1994
L’enciclica laudato sì di Papa francesco 

Il rapporto dell’ONU sulla crescita demografica globale

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), nel 2050 la popolazione mondiale sarà aumentata di 2,2 miliardi di persone, delle quali oltre la metà nate nell’Africa sub-sahariana. L’UNFPA è il fondo dell’ONU che monitora l’evoluzione demografica mondiale, promuove l’accesso alle cure per la salute materna e riproduttiva e la tutela dei diritti sessuali. In particolar modo, il fondo studia le dinamiche demografiche nei Paesi in via di sviluppo e nei contesti a rischio o afflitti da conflitti e crisi umanitarie per “contribuire a creare un mondo dove ogni gravidanza sia desiderata, ogni nascita protetta e dove ogni giovane possa sviluppare il proprio potenziale”.
Come emerge anche da questo rapporto infatti, sembra esserci un legame evidente tra i conflitti e le condizioni di insicurezza e l’elevato numero di persone all’interno dei nuclei familiari (ad esempio in Afghanistan, Iraq, Palestina, Timor-Leste e Yemen, si registrano tassi di fecondità superiori alla media mondiale). Un’altra conclusione importante sottolineata da questo rapporto è la connessione tra alti tassi di natalità e la restrizione dei diritti fondamentali delle donne, che mina la loro libertà di scelta in termini di matrimonio e procreazione. Il rapporto di UNFPA attribuisce la grande crescita demografica attesa nell’Africa sub-sahariana nei prossimi anni proprio alla condizione della donna in questa regione, caratterizzata da un limitato accesso a servizi sanitari e istruzione e a un’accentuata discriminazione di genere. I dati pubblicati sono allarmanti: sono 300.000 le donne che perdono la vita durante la gravidanza o il parto e ogni giorno migliaia di donne vengono forzate ad avere dei figli o sottoposte a matrimoni precoci e mutilazioni genitali.
Ne emerge l’urgenza di adottare politiche e programmi di tutela dei diritti, che offrano informazione e assistenza sanitaria in modo che ciascuna donna possa avere gli strumenti per evitare o ritardare una gravidanza, avere un maggiore controllo della propria salute e decidere se, quando e in quale numero avere dei bambini. E in questo modo ridurre efficacemente la mortalità materna e infantile ovunque nel mondo.

Allarmanti previsioni sulla crescita demografica mondiale

Secondo l’ultimo rapporto di UNDESA la popolazione mondiale ha raggiunto a metà 2017 i 7,6 miliardi, con una crescita di 1 miliardo di persone nei soli ultimi 12 anni!
Il 59,4% della popolazione mondiale vive in Asia (4,5 miliardi), il 17,1% in Africa (1,3 miliardi), il 9,8% in Europa (742 milioni), l’8,4% in America Latina (636 milioni), il 5,3% in Nordamerica (361 milioni) e in Oceania (41 milioni).
Cina (1,4 miliardi) e India (1,3 miliardi) rimangono le nazioni più popolose.
Il tasso di crescita attuale è stimato pari all’1,1%, circa 83 milioni di nascite all’anno, con la previsione di raggiungere 8,6 miliardi nel 2030, 9,8 miliardi nel 2050 e addirittura 11,2 miliardi entro il 2100.
Il continente dove si concentrerà maggiormente la crescita demografica dal 2017 al 2050 sarebbe l’#Africa con un aumento della popolazione di ben 1,2 miliardi, essendo l’Asia il secondo continente con “soli” 750 milioni nuovi abitanti.
La metà dell’incremento demografico è atteso in 9 paesi: India, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Pakistan, Etiopia, Tanzania, USA, Uganda e Indonesia.
Per quanto alcune agenzie di sviluppo evochino il miraggio di un cosiddetto “dividendo demografico” – il presunto beneficio economico legato alla disponibilità di forza lavoro giovane e alla crescita del ceto medio -, tuttavia una lettura d’insieme dei dati conferma l’insostenibilità di un simile ritmo di crescita. Infatti in un contesto globale in cui il tasso di fertilità è pur in diminuzione, i tassi più elevati, 4,3 nascite per donna tra il 2010 e il 2015, si registrano nei 47 paesi meno sviluppati (LDCs) dove è atteso un incremento demografico dal 1 miliardo attuale ai 1,9 miliardi entro il 2050.
Cifre così elevate mettono radicalmente in discussione la raggiungibilità degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) stabiliti dalle Nazioni Unite, come ad es. quello della “zero Hunger” (zero fame), che già oggi si deve confrontare con un miliardo di persone denutrite nel mondo. I flussi migratori che vedono Asia, Africa e America Latina contributori netti verso Europa, Stati Uniti e Oceania con flussi che tra il 2000 e il 2010 hanno raggiunto 3,1 milioni di migranti all’anno, sono destinati a diventare del tutto insostenibili, senza contare i flussi interregionali che negli ultimi decenni hanno registrato lo sfollamento di decine di milioni di persone a seguito di carestie e conflitti.
Gli attuali – inadeguati – sforzi della politica mondiale per ridurre gli effetti del cambio climatico e per rendere sostenibili – dal punto di vista ambientale, sociale ed umano – i modelli di sviluppo economico, caratterizzati da livelli di sfruttamento delle risorse naturali tali da definire la nostra era Antropocene…, dovranno al più presto fare i conti anche con la variabile demografica per essere minimamente realistici e per prevenire esiti catastrofici di uno “sviluppo” del tutto insostenibile.
Per saperne di più: link; link1 . .

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