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LEGGI, SCUOLA E SOLIDARIETA’ CONTRO IL LAVORO MINORILE

Il 12 giugno è il giorno dedicato dall’ILO alla campagna mondiale contro il lavoro minorile.
Il lavoro minorile colpisce bambini di età inferiore ai 14-15 anni e bambini sottoposti alle peggiori forme di sfruttamento, quali lavori pericolosi, sfruttamento sessuale, lavori forzati e attività illecite.
Ancora oggi questa piaga colpisce 168 milioni di bambini nel mondo (erano 246 milioni nel 2000) di cui più della metà impiegati in lavori pericolosi. Le aree con maggiore concentrazione sono l’Asia (quasi 78 milioni di bambini pari al 9,3% della fascia di popolazione minorile) e l’Africa Sub-sahariana (59 milioni, oltre il 21%). L’agricoltura rimane il settore più colpito (98 milioni, 59%). Per la maggior parte si tratta di bambini che lavorano non pagati con le loro famiglie. L’agricoltura è uno dei settori produttivi con maggiori rischi per ogni età, è un settore in gran parte del mondo poco regolato e con scarsa presenza di strutture associate e di organizzazioni del lavoro in grado di contrastare gli abusi.
Il 45% dei bambini sfruttati ha un’età compresa tra i 5 e gli 11 anni che non frequentano la scuola o la frequentano solo parzialmente con scarso profitto per la loro istruzione e per le loro opportunità future. Nelle aree rurali i bambini lavorano spesso per la loro sopravvivenza e per contribuire ai bisogni primari delle loro famiglie. Ma milioni di bambini vengono sfruttati da “datori di lavoro” senza scrupoli che approfittano della loro vulnerabilità.
L’adozione di leggi a tutela dei minori, la solidarietà, l’istruzione e il progresso tecnologico sono i principali strumenti per combattere questo fenomeno.
Alisei Ong Onlus è da sempre impegnata contro lo sfruttamento dei minori: 1) nei progetti di sicurezza alimentare e diritto al cibo promuovendo la possibilità per le famiglie di mantenersi economicamente senza dover ricorrere al lavoro dei propri figli minori e contribuendo alla formazione di forme associate di lavoro che tutelino i diritti dei minori; 2) promuovendo il diritto allo studio sia con incentivi per la frequenza scolastica (la garanzia di un pasto gratuito a scuola ad esempio) sia costruendo e riabilitando strutture scolastiche (oltre 192 scuole fino ad oggi; 3) promuovendo progetti contro la tratta dei minori e contro lo sfruttamento dei bambini soldato.

 

Provide education to all forcibly displaced people

“Nessun bambino dovrebbe pagare le conseguenze della guerra ed essere escluso dalla scuola a causa dei conflitti”. “Intere generazioni di bambini rifugiati da Paesi come la Siria, l’Afganistan, la Palestina e il Sud Sudan hanno dovuto abbandonare le loro case e le loro scuole, ma essi non abbandonano il sogno di un futuro migliore per se stessi e per i propri Paesi, un futuro possibile solo attraverso l’istruzione” (Malala).
Leggi il documento dell’Alto Commissariato per i Rifugiati e del Global Education Monitoring Report che sollecita gli Stati a garantire il diritto allo studio a tutti i bambini sfollati, rifugiati ed in cerca di asilo che nel 2015 hanno raggiunto il livello più alto dalla fine della seconda guerra mondiale
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La barbarie non può vincere

16 Dicembre 2014. La barbarie non può vincere, perché a vincere sarà l’Umanità

Questo è un 16 dicembre che non potrò mai scordare. Come tutte le mattine ho aperto le mail sulla sicurezza per vedere la lista degli attentati, gli assassinii e le indicazioni delle aree che sono diventate off-limits. Ma non potevo immaginare l’orrore di oggi.
Peshawar é una città che conosco bene. Ci andiamo settimanalmente per riunioni con i donatori. Ci riuniamo con i colleghi delle altre organizzazioni. A Peshawar abbiamo organizzato tutti i nostri seminari e corsi di formazione per gli insegnanti. Non è un posto sicuro, ma decisamente più sicuro delle zone dove lavoriamo nelle aree rurali del Khyber Paktunwa. Negli ultimi mesi la frequenza degli attentati era diminuita. L’operazione militare degli scorsi mesi nel Nord Waziristan contro le basi dei Talebani aveva debilitato i militanti islamisti che lì avevano creato la loro roccaforte. Ultimamente si poteva azzardare una qualche passeggiata per la città, i mercati brulicanti di gente sembravano aver ripreso la stessa normalità dei mercati delle altre città del Pakistan. Tutti pensavamo, o speravamo, che la ferocia dei Talebani si fosse fermata.
Oggi è successo qualcosa che nessuno poteva mai immaginare potesse succedere. Alcuni terroristi suicidi sono entrati in una scuola della città e hanno cominciato a trucidare studenti e professori. Un professore è stato bruciato vivo di fronte agli alunni atterriti prima di morire, a loro volta uccisi con colpi alla nuca. Le raffiche di mitra ne hanno falcidiati a decine. Il numero non é ancora chiaro. Ottanta, cento, forse di più. Erano bambini. Potevano essere gli stessi bimbi ai quali noi stiamo costruendo le scuole ad Hangu. E’ il diritto all’educazione che attaccano questi assassini che si fa fatica collocare nel genere umano. Ogni giorno costruendo le nostre scuole sappiamo che costruiamo un pezzo di pace. Che contribuiamo a togliere dalle mani di questa gente futuri terroristi che dopo essere stati indottrinati si fanno esplodere e seminano morte. Le comunità con cui lavoriamo ne sono consapevoli, forse per questo ci proteggono, ci appoggiano, ci incoraggiano. Ogni giorno in cui i cantieri proseguono nella costruzione delle scuole poniamo una pietra di pace. Ogni tanto i Talebani le fanno esplodere. Ma poi in qualche altro posto noi o altri le ricostruiamo. Non potranno vincere, perché a vincere sarà l’umanità.. Oggi appena sentito di questa atroce vicenda pensavo che l’umanità aveva perso di fronte alla barbarie. Ho allora riaperto l’album delle foto delle scuole, dei bambini a terra nel patio della scuola, con i loro quaderni sulle gambe, che mentre prendevano lezioni all’aperto guardavano la loro scuola in costruzione. Oggi ho pianto. Mi sono chiesto come si possa fare una cosa del genere. Come si possa uccidere a sangue freddo decine di ragazzini nella loro uniforme scolastica. Ho pensato che poteva succedere anche a noi, ai nostri operai, ai nostri maestri, ai nostri bambini. Non ci è successo anche grazie alla protezione della comunità. In quella scuola di Peshawar i terroristi sono riusciti ad entrare e a perpetuare una violenza inumana, senza senso. Mi immagino i volti delle madri e dei padri, dei sopravvissuti. Sono sconvolto.
Chi lavora in Pakistan vive e ascolta storie di quotidiana violenza. Si è quasi assuefatti. Il bollettino degli attentati è quasi quotidiano. Ma questo sedici dicembre forse non lo scorderò mai. Il mio pensiero va a tutti quei piccoli martiri e a i loro familiari. Ci stringiamo tutti con un forte abbraccio increduli, ma forti nella consapevolezza che la barbarie non può vincere.
Pakistan Zindabad!

Beppe Solfrini – Coordinatore Alisei in Pakistan

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