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LO STORICO ACCORDO DI PARIGI SUL CLIMA

195 Paesi hanno raggiunto lo storico accordo di Parigi (Paris Agreement) volto a introdurre misure globali per la lotta contro il cambio climatico.
L’accordo può complessivamente considerarsi un successo per il grande numero di Paesi che l’hanno approvato, per la chiarezza degli obiettivi e l’importanza dei principi ispiratori che per la prima volta enfatizzano l’urgenza di fare fronte alla minaccia del cambio climatico e l’importanza dell’equità intergenerazionale. Si dovrà invece verificare negli anni futuri l’effettiva efficacia e l’applicabilità degli strumenti, data la complessità ed eterogeneità degli interessi nazionali in gioco che comunque hanno portato ad un testo di compromesso rispetto alle più elevate ambizioni iniziali.
In sintesi l’accordo si fonda sull’enunciazione di OBIETTIVI, PRINCIPI E STRUMENTI d’azione.
Gli OBIETTIVI
(art. 2) sono: “mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C”, “sostenere le capacità dei Paesi di adattamento al cambio climatico e promuovere uno sviluppo che riduca i gas serra”; “orientare gli investimenti finanziari verso un modello di sviluppo con basse emissioni di gas serra”.
I PRINCIPI
(preambolo): il cambio climatico è una “minaccia urgente” che richiede un “intervento efficace e crescente”; è importante che vi sia “equità” tra i Paesi nella divisione degli oneri per il nuovo modello di sviluppo e vi sono “responsabilità comuni ma differenziate in base ai diversi contesti nazionali”; vengono riconosciuti gli “specifici bisogni” e le “speciali circostanze dei Paesi in Via di Sviluppo” e si pone l’accento sulla compatibilità dei modelli di sviluppo con l’obiettivo fondamentale della foodsecurity‬ e della lotta contro la fame; le azioni contro il cambiamento climatico‬ devono essere rispettose dei “diritti umani, dell’accesso alla salute, dei diritti delle popolazioni indigene, delle comunità locali, dei minori, dei migranti, dei disabili, delle popolazioni in particolare situazione di vulnerabilità”. I piani di azione devono basarsi sul “rispetto del principio di eguaglianza di genere, l’empowerment delle donne e l’equità intergenerazionale.”
I nuovi modelli di sviluppo devono infine fondarsi sul “riconoscimento dell’importanza dell’integrità di tutti gli ecosistemi, compresi gli oceani, e della protezione della biodiversità – che alcune culture chiamano Madre Terra – in accordo con il concetto di Climate Justice”.
GLI STRUMENTI
Per raggiungere l’obiettivo del contenimento entro i 2° C dell’aumento della temperatura, viene definito un piano di cooperazione internazionale basato sula definizione e condivisione di piani nazionali quinquennali che verranno aggiornati ogni 5 anni sulla base dei progressi raggiunti. Ogni Paese sarà responsabile dei livelli di emissione definiti nell’Agreement. Verranno introdotti incentivi economici basati sui risultati per sostenere politiche di forestazione e di lotta alla degradazione dei suoli; verranno scambiate tra Paesi good practices, conoscenze scientifiche, politiche sugli EWS, sui piani di prevenzione dei rischi e dei disastri ambientali, con l’introduzione per la prima volta dei concetti (economici) di “danno” e di “perdita” (“loss and damage”) connessi agli effetti del cambio climatico e all’aumento dei gas serra.
I Paesi sviluppati dovranno sostenere le economie dei Paesi in via di Sviluppo con investimenti finanziari mirati allo sviluppo sostenibile e verrà promosso l’investimento di lungo termine in nuove tecnologie “verdi” e nel loro trasferimento tra Paesi.
Un Transparency Framework volto ad assicurare un costante e concreto scambio di informazioni (ad es. rapporti sui livelli di emissioni di gas serra di ogni Paese e sui progressi raggiunti di anno in anno) sarà coordinato dalla Piattaforma di coordinamento istituita dall’accordo per garantire la reciproca fiducia tra Paesi e un’efficace implementazione degli accordi.

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